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Consigli di lettura

copertina del libro

Giuseppe Puglisi. Sì, ma verso dove? Identikit di un beato, animatore vocazionale
di Rosaria Cascio, Nino Lanzetta, Roberto Lopes
Il Pozzo di Giacobbe, 2015, 144 pagine

Se sei interessato ad organizzare un incontro on line o in presenza sul metodo o su uno degli aspetti del metodo di p. Puglisi scrivi a:
casciorosaria@gmail.com

Ogni attività che organizziamo è ASSOLUTAMENTE GRATUITA.


Il metodo. Introduzione

La vita di P. Puglisi, pur non essendo stata molto lunga, è stata sicuramente ricca di tantissime esperienze completamente diverse tra loro. Infatti, pur se in contesti diversi e svolgendo sempre il suo ministero sacerdotale, P. Puglisi mostrò una crescente consapevolezza della sua funzione e del suo ruolo e non si fermò mai di studiare e di approfondire le sue conoscenze e competenze. Operò in ambiti poveri della città di Palermo come le zone dello Scaricatore e di Decollati, visse la sua prima esperienza di parrocato nella comunità montana e contadina di Godrano, condusse gruppi giovanili e di animazione vocazionale a livello provinciale, regionale e nazionale e, da ultimo, coronò la sua missione sacerdotale con il martirio nel territorio degradato e compromesso di Brancaccio. Eppure, pur operando in contesti diversissime e pur affrontando problematiche diverse, in P. Puglisi è possibile ritrovare alcune comuni direttrici che hanno orientato sempre il suo servizio :

  • consapevolezza della fede e del ministero sacerdotale scelto
  • amore indiscriminato per la Chiesa e coscienza del suo ruolo, anche profetico, al suo interno
  • impegno continuo nella formazione personale e nell'approfondimento teorico della sua fede e del suo ministero sacerdotale
  • dedizione totale al sacerdozio secondo lo stile "per Cristo a tempo pieno"
  • francescanesimo operante e amore per la povertà
  • conoscenza del mondo giovanile e della conduzione di gruppi di giovani e di adulti
  • capacità empatica di assumere sempre la condizione dell'altro anche se in contesti e mondi assolutamente diversi dal proprio

L'elenco potrebbe ancora continuare perchè stiamo parlano di una figura poliedrica e ricchissima ma, sintetizzando, possiamo dire che P. Puglisi riuscì ad essere sempre sè stesso in ogni ambiti di intervento e, in questo senso, la parola che meglio ne sintetizza la vita è COERENZA.

Il metodo: la pedagogia dell'esempio

di Rosaria Cascio

Il martirio di P.Puglisi è una indicazione di percorso possibile di vita autenticamente cristiana, di testimonianza di fede, di prassi evangelica. Il suo “sì fino in fondo” propone un modello di essere nel mondo da credenti. P.Puglisi ha affrontato il suo servizio con la serietà e la determinazione di chi risponde con consapevolezza “sì” alla propria vocazione.
Competenza. Non ci si improvvisa animatore di gruppi, né parroco in un paese dilaniato da lotte fratricide come era Godrano, né sacerdote in un territorio nella rete dei mafiosi come Brancaccio. Puglisi, in tutti questi contesti, è stato pienamente prete ed uomo.
Ha dialogato con tutti, ha organizzato incontri, ha promosso reti di lavoro, ha favorito processi di liberazione dal basso.
Ha agito con metodo (dal greco μέϑοδος, composto di μετα “in direzione di, in cerca di” e ὁδός “via, cammino”), ha cercato, cioè, una strada che conducesse, in quel “qui ed ora”, alla meta migliore possibile.
Per definirlo, occorre partire da un primo assunto: Puglisi era un uomo dotto e faceva della conoscenza la base della sua prassi.
Il Vangelo era la sua stella polare. Lo studio della psicologia, sociologia, logoterapia, teologia erano le coordinate dei suoi interventi. Per questo aveva una risposta buona per ogni contesto. Non serve fare, qui, l'elencazione dei tanti rivoli della sua vasta preparazione. Serve, piuttosto, dire, che a partire dal conoscere ha sviluppato un agire efficace. Non ha mai improvvisato, non ha mai sottovalutato le conseguenze della sua azione. Ha sempre mostrato una competente spontaneità in ogni gesto del suo servizio all'altro.

Qual è il metodo Puglisi? Partiamo dal suo essere stato sacerdote.

metodoConosceva e studiava i testi teologici dei Padri della Chiesa, era un appassionato dei temi conciliari di cui aveva approfondito i testi; però, a differenza di molti, Puglisi radicava il suo essere sacerdote nel Vangelo. In questo era radicale. Non cercava mediazioni speculative né interpretazioni esegetiche. Il Vangelo era la sua stella polare, la cartina al tornasole di ogni azione. Poi veniva tutto il resto. E tutto il resto non era lasciato all'improvvisazione ma era realizzato con preparazione, studio e verifica.
Gesù era il modello assoluto di avvicinamento tra dottrina e azione: in lui la natura divina (Verbo, Parola, Verità) si fonde in maniera perfetta e indissolubile con la natura umana (tempo, storia,azione) nell’unità della Persona. Gesù era proposto come prototipo di un buon cristiano, come modello possibile di vita da vivere.
A partire da questi assunti di base, Puglisi ha dato forma al suo servizio alla Chiesa allargando i confini della sua speculazione a discipline umanistiche come la psicologia, la logoterapia, la sociologia, la filosofia, la pedagogia.

Voglio limitare la mia riflessione sul metodo Puglisi ai principali ambiti della sua pastorale. La prassi altro non era che la manifestazione concreta dello stesso contenuto della fede. Per questo motivo possiamo a buon diritto parlare di metodo Puglisi.
Limitiamo la nostra esposizione ad alcuni esempi specifici: i gruppi, i giovani, la parrocchia a Brancaccio.


I gruppi

gruppi cdvP. Puglisi ha diretto ed assistito spiritualmente tantissimi gruppi. Il suo stile di conduzione rispecchia quello del leader democratico di Kurt Lewin. Secondo lo psicologo tedesco, compito del leader era creare un clima sociale nel gruppo e questo influiva anche nella produttività del gruppo stesso. Come conduttore di gruppo, 3P distribuiva le responsabilità affidando mansioni ed orientando al compito. Egli favoriva la decisione in comune delle attività proponendosi come arbitro nei conflitti, ammettendo eventuali errori e riprogrammando. Il clima era facilitante, genuino, stimolante; Puglisi non era direttivo né autoritario ma autorevole. Ogni persona del gruppo progettava, discuteva, verificava. Cresceva. Agiva in modo personale. C’era. Di lei ciascuno teneva conto. Tutto questo in un clima di fiducia reciproca, di affiatamento crescente tra i membri che sfociava, poi, in un impegno pratico sempre maggiore, sia personale che comunitario. Era un lavoro senza sosta che traeva linfa dalla fede, dalla preghiera, dall'esempio evangelico.
Era presente nella metodologia di P. Puglisi l’influenza della teoria della non direttività di cui è esponente lo psicologo umanista Carl Rogers, da lui conosciuto e studiato. Egli affermava che in un clima contrassegnato da genuinità, apprezzamento e comprensione, avvengono cose molto stimolanti. Il clima di cui parla Rogers è lo stesso clima facilitante creato da P. Puglisi, per esempio, in seno al C.D.V. ed è proprio dall’applicazione di questa metodologia che si sviluppa l’efficienza del gruppo stesso.


I giovani

campo vocazionale“Sì, ma verso dove?”: questa la domanda iniziale dalla quale partiva per un giovane il percorso di discernimento esistenziale prima ancora che cristiano.
Dopo avere maturato una conoscenza di sé, 3P proponeva il passaggio alla coscienza di sé attraverso una progressiva scoperta della propria identità fatta di inclinazioni, attitudini, interessi.
La scelta affettiva, quella formativa, quella lavorativa: tutte erano collegate direttamente a questo orientamento iniziale che non doveva avvenire, necessariamente, in un’età giovanile.
Alla base del “verso dove?” 3P proponeva l’assunzione della responsabilità personale come indice di totale adesione ad una scelta di vita che poteva essere anche non cristiana, purché consapevole.
Questo suo metodo pedagogico aveva un suo profondo valore perché, prima che dichiarato, era testimoniato dalla vita stessa di 3P.



si ma verso dovePedagogia dell’esempio, quindi, efficace e credibile proprio perché assunta prima di tutto su sé stesso.
Lo strumento più usato fu quello dei campi vocazionali, un’esperienza di crescita in comune attraverso la maturazione del senso da dare alla propria vita. “Sì, io esisto” ma verso dove vado? Scelgo liberamente o seguo la massa? Sono conformista o ho una mia identità? Gli strumenti per arrivare a questo furono la sperimentazione di sé nel servizio e la preghiera profonda. Così l’esperienza dei campi partiva dal livello iniziale cioè dal far prendere consapevolezza di essere una identità specifica, in relazione con gli altri e dotato di una tensione verso il bene.
In questo passaggio 3P collocava la necessità di comprendere il progetto di Dio per ognuno attraverso l’ascolto della sua Parola anche attraverso la bellezza della natura in cui Dio si rivela.
Ed anche a chi non partecipava ad esperienze così coinvolgenti, 3P proponeva tra i banchi lo stesso metodo di ricerca di consapevolezza nella propria vita attraverso il Vangelo e la lettura del presente attorno a sé.



La parrocchia a Brancaccio

ParrocchiaIn parrocchia 3P dà vita ad una pastorale unitaria sintesi di quella giovanile, familiare e vocazionale.
La sua è una ortoprassi evangelica, una maniera chiara ed organizzata di trasformare le parole del Vangelo in buone pratiche del cristiano.
L’azione della parrocchia di San Gaetano è insieme sociale, pedagogica e pastorale.
A Brancaccio non ci sono risorse da attivare per cui occorre sollecitare percorsi virtuosi di solidarietà a partire dalle poche risorse presenti, anche umane. Occorre promuovere una cultura diversa nelle persone soggiogate dalla mafia e coinvolte nella mafiosità, proporre un modello di uomo-attore e non vittima di un disegno fatalistico imposto prepotentemente dall’esterno. Per P. Puglisi la strada parte dalla conoscenza attraverso la mappatura socio antropologica del territorio. Così si potranno conoscere la povertà umana, spirituale, economica e valoriale, la padronanza mafiosa del territorio, la consistenza dei bisogni e l’identità delle risorse istituzionali e non, presenti ed assenti.
La parrocchia di 3P avvia una sua programmazione attraverso il Piano Pastorale Unitario che si pone le finalità di rievangelizzare e ricristianizzare il territorio.
Per Puglisi non esiste una Teologia senza una Antropologia; evangelizzare significa facilitare l’incarnazione del Cristo della storia oggi e qui.


servizio sociale parrocchialeIl metodo è incontrare gli ultimi, assumere il loro linguaggio, accoglierli ed aiutarli nell’opera di promozione umana del territorio non improvvisando ma agendo la carità con competenza e con costanza.
A Brancaccio, dove il diritto non alberga, P. Puglisi propone l’improponibile e cioè il recupero della dignità di ogni abitante che ritorna ad essere cittadino.
La raccolta dei bisogni crea una consapevolezza del diritto negato di cui chiedere l’affermazione.
Si avvia un processo di coscientizzazione che determina la denuncia del mancato rispetto dei diritti per cui 3P può affermare ai volontari “il nostro agire diventa protesta”.
Il Centro “Padre Nostro” da lui fondato agisce senza finanziamenti pubblici per rimanere liberi di denunciare le inadempienze di una politica affaristica con la quale rompe decisamente qualsiasi legame.
P. Puglisi è oggi un martire in odio alla fede, a questa fede attrezzata testimoniata ed agita senza “se” e senza “ma”.